Alemtuzumab versus Interferone beta-1a nella sclerosi multipla recidivante-remittente in fase precoce


Alemtuzumab ( Lemtrada ) è un anticorpo monoclonale umanizzato che porta alla deplezione dei linfociti, causando immunomodulazione a lungo termine.

In uno studio di 3 anni di fase 2 ( studio CAMMS223 ) condotto su pazienti con sclerosi multipla recidivante-remittente, Alemtuzumab ha ridotto il tasso di recidiva e il rischio di accumulo sostenuto di disabilità rispetto a Interferone beta-1a somministrato per via sottocutanea e il punteggio medio sulla scala EDSS ( expanded disability status scale ) nella coorte Alemtuzumab è migliorato rispetto al basale.

Gli eventi avversi hanno incluso reazioni associate all’infusione, in genere infezioni da lievi a moderate, disturbi tiroidei e trombocitopenia immune.

È stata effettuata un’ulteriore analisi dei dati dello studio CAMMS223 per determinare se le caratteristiche basali demografiche e legate alla malattia possano influenzare gli effetti benefici di Alemtuzumab.

Inoltre lo studio mirava a descrivere una nuova misura di esito nella ricerca sulla sclerosi multipla: la riduzione sostenuta di disabilità.

In totale, 334 pazienti naive per il trattamento con sclerosi multipla recidivante-remittente precoce e attiva sono stati assegnati in maniera casuale e in rapporto 1:1:1 a ricevere Interferone beta-1a ( 44 microg per via sottocutanea 3 volte a settimana; Rebif ) oppure Alemtuzumab per via intravenosa 24 mg/die o 12 mg/die per 2 o 3 cicli annuali.

Sono state analizzate la libertà da attività clinica della malattia ( definita come assenza di recidive e assenza di accumulo sostenuto di disabilità ) e la manifestazione di una riduzione sostenuta nella disabilità ( una diminuzione uguale o maggiore 1 punto alla scala EDSS sostenuta per 6 mesi consecutivi per pazienti con punteggio EDSS basale uguale o superiore a 2 ).
Sono stati valutati gli esiti di efficacia per i sottogruppi in base a età, sesso, regione geografica, volume cerebrale T1 in risonanza magnetica, volume delle lesioni T2 in risonanza magnetica, durata della malattia, numero di precedenti recidive entro 2 anni e punteggio EDSS.

Sono stati analizzati 322 pazienti; 161 su 215 pazienti trattati con Alemtuzumab sono risultati liberi da attività clinica di malattia a 36 mesi ( stima di Kaplan-Meier 71.8% ) rispetto a 52 su 107 pazienti trattati con Interferone beta-1a ( 42.6%; hazard ratio, HR=0.31; p inferiore a 0.0001 ).

Per i 199 pazienti con un punteggio EDSS basale superiore o uguale a 2, la riduzione sostenuta nella disabilità è risultata più probabile ( HR=2.61; p=0.0004 ) tra i pazienti trattati con Alemtuzumab ( 66 su 133 pazienti, stima di Kaplan-Meier 51.6% ) che tra quelli trattati con Interferone beta-1a ( 15 su 66 pazienti, 27.2% ).

Tutti gli esiti di disabilità e recidiva hanno mostrato effetti benefici di Alemtuzumab rispetto a Interferone beta-1a in tutti i sottogruppi di pazienti analizzati e nessun sottogruppo di pazienti ha risposto in modo consistentemente migliore rispetto agli altri ad Alemtuzumab.

In conclusione, Alemtuzumab ha ridotto l’attività di malattia rispetto a Interferone beta-1a nella maggior parte dei sottogruppi analizzati.
Numeri significativamente superiori di pazienti hanno mostrato un miglioramento sostenuto nella disabilità dopo trattamento con Alemtuzumab che con Interferone beta-1a.
L’efficacia offerta da Alemtuzumab rappresenta un sostanziale passo avanti nel trattamento della sclerosi multipla. ( Xagena2011 )

Coles AJ et al, Lancet Neurol 2011; 10: 338-348


Neuro2011 Farma2011


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